l film si apre con un primo monologo, che introduce la scena iniziale:
“Del tutto impreparati, entriamo
nel pomeriggio della vita. Peggio ancora, lo affrontiamo partendo dal
falso presupposto che le nostre verità e i nostri ideali ci saranno
d’aiuto, come hanno fatto finora. Ma non ci è possibile vivere il
pomeriggio della vita seguendo il programma del suo mattino. Perché ciò
che è grande al mattino, sarà piccolo la sera. E le verità del mattino
diventeranno le falsità della sera”.
Il
monologo di apertura è seguito da un intreccio di scene che dimostrano
come le scelte intraprese all’inizio della vita (il mattino per Dyer),
possano rivelarsi sbagliate o semplicemente non più adatte alla propria
felicità più avanti nel tempo (sul far del pomeriggio). Ciò che serve
quindi è il coraggiodi compiere il cambiamento e reindirizzare la
propria esistenza.
“Una delle cose che più mi ha
appassionato in questi anni è stato scoprire quanta gente cerchi di dare
un senso alla propria vita. Spesso, al termine delle mie conferenze, mi
pongono domande come “Qual è il mio scopo?”, “Come faccio a trovarlo?
Mi sembra che mi stia sfuggendo qualcosa…Non so come raggiungerlo…”, e
così via. Io ho sempre pensato che il vero scopo della vita sia essere
felici, vivere bene la propria vita. Raggiungere una meta, un punto
d’arrivo. Troppe persone lottano per tutta una vita, cercando sempre di
andare altrove, senza arrivare mai da nessuna parte. Uno dei modi per
capire qual è il proprio scopo nella vita è ritornare alla natura,
scoprire la propria natura. (…) Ognuno di noi, quando viene al mondo,
proviene da una gocciolina infinitesimale di protoplasma umano. Da un
puntino. Tutto ciò che era contenuto in quel minuscolo puntino dal quale
proveniamo è tutto ciò di cui abbiamo davvero bisogno. Una delle mie
metafore preferite è che nei primi nove mesi della nostra vita, dal
momento della concezione a quello della nascita, tutto è stato fatto da
altri per noi: non dovevamo fare niente. Non dovevamo preoccuparci del
colore dei nostri occhi o della forma del nostro corpo: qualcos’altro si
prendeva cura di noi e noi dovevamo solo lasciarci vivere. Io la chiamo
l’“Attrazione Futura”, che ci attrae verso qualsiasi cosa saremo. E non
credo di esagerare quando dico che quello che ci servirà per il nostro
viaggio materiale è già tutto contenuto lì dentro. E allora perché non
dovrebbe bastare per tutto il resto del viaggio? Anche il senso che
cerchiamo è lì dentro, insieme alla nostra personalità. Quindi tutto ciò
che saremo, non solamente il “noi” fisico, ma tutto! Per nascere ci
basta lasciarci andare, arrenderci”.
Arrendersi non significa
lasciarsi sconfiggere dalla vita, ma accettare i doni che essa ci fa e
accoglierli nella piena realizzazione della nostra vera personalità.
Troppo spesso infatti permettiamo all’ego di soggiogarci con le sue
pretese, dimenticando che i suoi capricci nascono dalla paura di essere
diversi, di non essere accettati, e allora ci nascondiamo dietro a ciò
che abbiamo.
“L’Ego è la parte di noi che inizia a dirci: “Tu sei quello che hai”.
Inizia con i nostri giocattoli, poi col nostro conto in banca e con tutte le cose che possediamo. Prima che ce ne accorgiamo, monetizziamo la nostra vita e la valutiamo in base ai beni che possediamo. E cominciamo a pensare: “Più possiedo, più valgo come persona”. E così passiamo una vita ad immergere questi bambini in una cultura che dà importanza al “di più”. Diventa come un mantra dell’ego: “Devi avere di più!”. Ma più abbiamo, più ci accorgiamo di come le altre persone cerchino di togliercelo. E ci preoccupiamo di come proteggerlo e di come ottenere ancora di più. Ma il problema è: se siamo ciò che abbiamo, chi diventiamo quando ciò che abbiamo sparisce?”.
Inizia con i nostri giocattoli, poi col nostro conto in banca e con tutte le cose che possediamo. Prima che ce ne accorgiamo, monetizziamo la nostra vita e la valutiamo in base ai beni che possediamo. E cominciamo a pensare: “Più possiedo, più valgo come persona”. E così passiamo una vita ad immergere questi bambini in una cultura che dà importanza al “di più”. Diventa come un mantra dell’ego: “Devi avere di più!”. Ma più abbiamo, più ci accorgiamo di come le altre persone cerchino di togliercelo. E ci preoccupiamo di come proteggerlo e di come ottenere ancora di più. Ma il problema è: se siamo ciò che abbiamo, chi diventiamo quando ciò che abbiamo sparisce?”.
Il film procede fino al punto di
rottura in cui tutti i personaggi si scontrano in un modo o nell’altro
con la propria infelicità e scelgono di cambiare. Scelgono di compiere
quella svolta necessaria che li porterà alla piena realizzazione di sé.
“Giungiamo nel pomeriggio della vita con gli stessi costrutti che abbiamo
imparato nel suo mattino:
competizione, vincere, essere migliori di tutti gli altri. E cerchiamo
di applicarli al pomeriggio della vita. E così succede che finiamo per
vivere una menzogna. Quello che era vero al mattino, alla sera è
diventato una bugia. Il problema è che non sappiamo come passare alla
fase significativa della vita. (…) Ecco perché dobbiamo giungere a un
luogo in cui possiamo arrenderci, consci del fatto che non siamo soli,
che seguiamo una guida, che abbiamo una natura e che dobbiamo fidarci di
lei e assecondarla, perché non è qualcosa contro cui dobbiamo
continuamente combattere o che dobbiamo dirigere. Lasciamola vivere,
pensiamoci! Lasciamoci vivere da essa, invece di pretendere di essere
noi a dirigerla. Ma quando arriviamo al pomeriggio della vita, iniziamo a
pensare di dover compiere un Darma o un destino, seguire una voce
interiore, una chiamata che solo noi possiamo sentire in noi stessi.
Nessun altro può dirci qual è, ma se la sentiamo, se la conosciamo,
vincere ed arrivare primi passano in secondo piano rispetto a sentirsi
appagati e a dare un senso alla vita”.
Quando giungiamo in quel luogo
dove non c’è più il nostro ego, allora siamo in grado di offrirci
completamente agli altri, di donarci. E solo allora l’universo
risponderà con lo stesso amore incondizionato, offrendoci l’infinito.
“Se vogliamo trovare porte aperte
nella vita, dobbiamo staccarci dall’ego e lasciarci vivere in quel
luogo divino chiamato Spirito. Ci sono quelle che Lao Tzu chiama Virtù,
che sono quattro. La prima è la riverenza verso la vita, cioè il
rispetto. La seconda è la sincerità, che è molto più dell’onestà. La
terza è la gentilezza, che si manifesta come disponibilità. E la quarta è
il soccorso, che si manifesta offrendoci agli altri. Queste sono le
quattro virtù che Lao Tzu ci chiede di fare nostre”.
Le quattro virtù indicate da Lao
Tzu ci allontanano dall’ego e aprono le porte della vita. E sono proprio
queste quattro chiavi a far compiere la svolta ai protagonisti del
film. Perché come dice il dr. Dyer in chiusura:
“C’è un luogo nel profondo di
tutti noi che chiede di essere soddisfatto e che vuole sapere che la
nostra vita ha impresso un segno indelebile in questo mondo, lasciandolo
migliore di come l’abbiamo trovato. Vogliamo sapere che la nostra
esistenza ha influito profondamente sulla vita di qualcun altro. È così
per tutti noi. Non è una questione di età e non si tratta di trovare noi
stessi. Chiunque noi siamo, a qualunque età, siamo tutti a un passo
dalla svolta nella nostra vita.”
Fonte
http://www.mylifetv.it/theshift/#shift
http://divinetools-raja.blogspot.it/
La Via del Ritorno... a Casa
http://divinetools-raja.blogspot.it/
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