lunedì 21 luglio 2014

THE SHIFT IL CORAGGIO DI COMPIERE IL CAMBIAMENTO


l film si apre con un primo monologo, che introduce la scena iniziale:

“Del tutto impreparati, entriamo nel pomeriggio della vita. Peggio ancora, lo affrontiamo partendo dal falso presupposto che le nostre verità e i nostri ideali ci saranno d’aiuto, come hanno fatto finora. Ma non ci è possibile vivere il pomeriggio della vita seguendo il programma del suo mattino. Perché ciò che è grande al mattino, sarà piccolo la sera. E le verità del mattino diventeranno le falsità della sera”.

Il monologo di apertura è seguito da un intreccio di scene che dimostrano come le scelte intraprese all’inizio della vita (il mattino per Dyer), possano rivelarsi sbagliate o semplicemente non più adatte alla propria felicità più avanti nel tempo (sul far del pomeriggio). Ciò che serve quindi è il coraggiodi compiere il cambiamento e reindirizzare la propria esistenza.

“Una delle cose che più mi ha appassionato in questi anni è stato scoprire quanta gente cerchi di dare un senso alla propria vita. Spesso, al termine delle mie conferenze, mi pongono domande come “Qual è il mio scopo?”, “Come faccio a trovarlo? Mi sembra che mi stia sfuggendo qualcosa…Non so come raggiungerlo…”, e così via. Io ho sempre pensato che il vero scopo della vita sia essere felici, vivere bene la propria vita. Raggiungere una meta, un punto d’arrivo. Troppe persone lottano per tutta una vita, cercando sempre di andare altrove, senza arrivare mai da nessuna parte. Uno dei modi per capire qual è il proprio scopo nella vita è ritornare alla natura, scoprire la propria natura. (…) Ognuno di noi, quando viene al mondo, proviene da una gocciolina infinitesimale di protoplasma umano. Da un puntino. Tutto ciò che era contenuto in quel minuscolo puntino dal quale proveniamo è tutto ciò di cui abbiamo davvero bisogno. Una delle mie metafore preferite è che nei primi nove mesi della nostra vita, dal momento della concezione a quello della nascita, tutto è stato fatto da altri per noi: non dovevamo fare niente. Non dovevamo preoccuparci del colore dei nostri occhi o della forma del nostro corpo: qualcos’altro si prendeva cura di noi e noi dovevamo solo lasciarci vivere. Io la chiamo l’“Attrazione Futura”, che ci attrae verso qualsiasi cosa saremo. E non credo di esagerare quando dico che quello che ci servirà per il nostro viaggio materiale è già tutto contenuto lì dentro. E allora perché non dovrebbe bastare per tutto il resto del viaggio? Anche il senso che cerchiamo è lì dentro, insieme alla nostra personalità. Quindi tutto ciò che saremo, non solamente il “noi” fisico, ma tutto! Per nascere ci basta lasciarci andare, arrenderci”.

Arrendersi non significa lasciarsi sconfiggere dalla vita, ma accettare i doni che essa ci fa e accoglierli nella piena realizzazione della nostra vera personalità. Troppo spesso infatti permettiamo all’ego di soggiogarci con le sue pretese, dimenticando che i suoi capricci nascono dalla paura di essere diversi, di non essere accettati, e allora ci nascondiamo dietro a ciò che abbiamo.

“L’Ego è la parte di noi che inizia a dirci: “Tu sei quello che hai”.
Inizia con i nostri giocattoli, poi col nostro conto in banca e con tutte le cose che possediamo. Prima che ce ne accorgiamo, monetizziamo la nostra vita e la valutiamo in base ai beni che possediamo. E cominciamo a pensare: “Più possiedo, più valgo come persona”. E così passiamo una vita ad immergere questi bambini in una cultura che dà importanza al “di più”. Diventa come un mantra dell’ego: “Devi avere di più!”. Ma più abbiamo, più ci accorgiamo di come le altre persone cerchino di togliercelo. E ci preoccupiamo di come proteggerlo e di come ottenere ancora di più. Ma il problema è: se siamo ciò che abbiamo, chi diventiamo quando ciò che abbiamo sparisce?”.

Il film procede fino al punto di rottura in cui tutti i personaggi si scontrano in un modo o nell’altro con la propria infelicità e scelgono di cambiare. Scelgono di compiere quella svolta necessaria che li porterà alla piena realizzazione di sé.

“Giungiamo nel pomeriggio della vita con gli stessi costrutti che abbiamo 
imparato nel suo mattino: competizione, vincere, essere migliori di tutti gli altri. E cerchiamo di applicarli al pomeriggio della vita. E così succede che finiamo per vivere una menzogna. Quello che era vero al mattino, alla sera è diventato una bugia. Il problema è che non sappiamo come passare alla fase significativa della vita. (…) Ecco perché dobbiamo giungere a un luogo in cui possiamo arrenderci, consci del fatto che non siamo soli, che seguiamo una guida, che abbiamo una natura e che dobbiamo fidarci di lei e assecondarla, perché non è qualcosa contro cui dobbiamo continuamente combattere o che dobbiamo dirigere. Lasciamola vivere, pensiamoci! Lasciamoci vivere da essa, invece di pretendere di essere noi a dirigerla. Ma quando arriviamo al pomeriggio della vita, iniziamo a pensare di dover compiere un Darma o un destino, seguire una voce interiore, una chiamata che solo noi possiamo sentire in noi stessi. Nessun altro può dirci qual è, ma se la sentiamo, se la conosciamo, vincere ed arrivare primi passano in secondo piano rispetto a sentirsi appagati e a dare un senso alla vita”.

Quando giungiamo in quel luogo dove non c’è più il nostro ego, allora siamo in grado di offrirci completamente agli altri, di donarci. E solo allora l’universo risponderà con lo stesso amore incondizionato, offrendoci l’infinito.

“Se vogliamo trovare porte aperte nella vita, dobbiamo staccarci dall’ego e lasciarci vivere in quel luogo divino chiamato Spirito. Ci sono quelle che Lao Tzu chiama Virtù, che sono quattro. La prima è la riverenza verso la vita, cioè il rispetto. La seconda è la sincerità, che è molto più dell’onestà. La terza è la gentilezza, che si manifesta come disponibilità. E la quarta è il soccorso, che si manifesta offrendoci agli altri. Queste sono le quattro virtù che Lao Tzu ci chiede di fare nostre”.

Le quattro virtù indicate da Lao Tzu ci allontanano dall’ego e aprono le porte della vita. E sono proprio queste quattro chiavi a far compiere la svolta ai protagonisti del film. Perché come dice il dr. Dyer in chiusura:

“C’è un luogo nel profondo di tutti noi che chiede di essere soddisfatto e che vuole sapere che la nostra vita ha impresso un segno indelebile in questo mondo, lasciandolo migliore di come l’abbiamo trovato. Vogliamo sapere che la nostra esistenza ha influito profondamente sulla vita di qualcun altro. È così per tutti noi. Non è una questione di età e non si tratta di trovare noi stessi. Chiunque noi siamo, a qualunque età, siamo tutti a un passo dalla svolta nella nostra vita.”

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