Ci
ho pensato molte volte a questo dilemma e solo negli ultimi anni, dopo
molte sperimentazioni, sono giunto ad un personale convincimento a
riguardo.
Da piccoli si prendevano le sberle e si soffriva perché ci dicevano che dovevamo crescere,
poi è arrivata l’adolescenza le botte erano diminuite, ma la sofferenza
no anzi era aumentata a causa delle prime infatuazioni, gli sbagli, le
figuracce ecc..
Siamo
cresciuti ed è finalmente arrivato l’amore, quello vero, con il
fidanzamento e il matrimonio così la vita si è stabilizzata, ma
stranamente era ancora colma di situazioni altalenanti e frustanti forse per le responsabilità, alcune scelte sbagliate e le eterne incomprensioni nella coppia.
D’un
tratto ci siamo ritrovati genitori e via di nuovo con una rinnovata
afflizione fatta di apprensioni e preoccupazioni, proprio quando si
pensava di averne avute già abbastanza e di averne viste e sentite di
tutti i colori.
Il
tempo passa i figli crescono e con loro anche le relative
preoccupazioni e problematiche, ma alla fine si sono sistemati e anche
sposati e allora finalmente si comincia a vivere. Magari!
Si ricomincia tutto daccapo con inedite ansie ed inquietudini e ci ritroviamo a chiederci quando ci godremo un attimo di pace.
Questi
momenti di sconforto, a volte anche molto profondo, che ci accompagnano
per tutta l’esistenza e che determinano l’insorgenza delle nostre
malattie ed acciacchi, come il dr. Hamer ci ha insegnato con la Nuova
Medicina Germanica, sono grazie al cielo inframezzati da “raggi di
sole”, momenti di calma, periodi di pace, serenità e gioia intensa,
sensazioni di beatitudine di cui spesso non sappiamo neanche spiegarci
il perché, ma va bene lo stesso.
Ci
si ritrova a pensare al passato con tutti i suoi “intoppi” che abbiamo
dovuto superare con molta fatica allora ci crogioliamo su ipotesi
fantasiose di una vita priva di episodi “sfortunati”, ma alla fine a
ripensarci bene sappiamo che non ce la sentiremmo di cambiare proprio
quei momenti difficili, vissuti con tribolazione, in quanto ci sentiamo
più vivi e più veri proprio grazie ad essi; quella sofferenza ci ha
accresciuti dal punto di vista culturale, sociale, ma soprattutto morale
ed emotivo, ed ha determinato quello che siamo.
Insomma i peggiori episodi della vita ci hanno trasformato in persone migliori. Sembra un controsenso, un paradosso!
Quasi automaticamente ci giunge dalla coscienza la convinzione profonda, poiché vissuta, che quei momenti meno felici erano una fase naturale dell’”essere”, anzi essenziale a farci evolvere
nel nostro spirito/anima, al giorno d’oggi si dice maturare, e hanno
permesso di apprezzare ed assaporare la vita normale a volte monotona di
tutti i giorni, facendoci percepire la grandiosità di ogni singolo momento dell’esistenza.
D’improvviso ci sentiamo “illuminati” da tali considerazioni. Allora quei brutti momenti erano necessari, utili, funzionali al miglioramento della vita e
di noi stessi! Non era una sofferenza, non un castigo, un dolore
immotivato nè un crudele destino, era solo vita, forse un po’ in salita,
ma vita.
A
saperlo prima li avremmo vissuti con coscienza, li avremmo affrontati
come una piacevole sfida con noi stessi, non avremmo temuto di soffrire
perché consci che quella non era sofferenza, ma evoluzione, crescita
interiore.
Vista
in questo modo verrebbe da dire che la sofferenza non esiste, ma
sappiamo che non è così, però visto che sembra inevitabile la si
potrebbe prendere per il "verso giusto".
Se non avessimo sbagliato e sofferto non saremmo cresciuti nè migliorati, non avremmo "scoperto" e assaporato la vita. D'ora in poi ne terremo conto quando sbaglieremo e ci angosceremo.
Se non avessimo sbagliato e sofferto non saremmo cresciuti nè migliorati, non avremmo "scoperto" e assaporato la vita. D'ora in poi ne terremo conto quando sbaglieremo e ci angosceremo.
A ben
vedere anche se ci si ritrova ormai ad una certa età ad aver capito come
affrontare le impervie complicanze terrene c’è sempre tempo di cambiare
e di gioire per ogni tipo di esperienza, mi sono accorto che vivendo
consapevolmente il presente l’esistenza diventa quasi atemporale,
scorre piena, vigorosa e ci appaga in ogni istante, un solo giorno può
gratificare molto, ma molto di più della vecchia vita subita
passivamente o non compresa appieno; non ci importa più a che punto del
"cammino" siamo arrivati poichè siamo solo all’inizio della sua parte
migliore.
La sofferenza fa parte della vita, è sensato cercare di viverla nel migliore dei modi?
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